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A decorrere dal 1° luglio 2018, i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato (comma 911 Legge n. 205/2017).

Ai fini della novità, per rapporto di lavoro, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142.

In dettaglio, la nuova normativa stabilisce che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti sono obbligati a corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

1) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore

2) strumenti di pagamento elettronici

3) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento

4) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato

Nel caso di cui al punto 4), l’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

In conformità al comma 913, sono comunque esclusi dal nuovo obbligo di pagamento con mezzi tracciabili, i rapporti di lavoro instaurati con le Pa (per le quali già l’articolo 2, comma 4-ter, del Dl 138/2011 ha previsto di divieto di effettuare pagamenti di retribuzioni o compensi in contante per importi superiori a mille euro) e quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici (ad esempio colf e badanti).

Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

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